Meno immagini e più fotografia: essere brand nell’era della frammentazione visiva
Il rapporto di simbiosi tra smartphone e social network sta influendo sulla storia del mezzo fotografico con un peso simile, se non superiore, alla recente rivoluzione del supporto digitale.
Spingendoci definitivamente e con forza nell’era della post fotografia, questi due strumenti contemporanei hanno cambiato non soltanto il modo di documentare la realtà, che oggi è prodotta e non più ri-prodotta, ma hanno inciso anche sul nostro modo di guardare.
Chi avrebbe mai fotografato anni fa un panorama, dopo esserne stato attratto dalla bellezza, tenendo la propria compatta a pellicola in verticale?
In questo contesto, in un mondo di istanti gloriosi in cui un qualunque contenuto visivo ha vita incredibilmente breve, la fotografia commerciale sta inevitabilmente cedendo spazio all’immagine semplice, non solo di facile lettura.
Ormai da tempo anche molti grandi brand che hanno target di pubblico vasti ed eterogenei e che ovviamente adoperano i social per dialogare sul mercato, non investono più su grandi produzioni, ma preferiscono la soluzione del testimonial controverso che stuzzica l’algoritmo.
Alle quindici figure professionali necessarie per tirar su un set e un’idea, si contrappone un flash, uno sfondo bianco, un Fedez qualunque e un prodotto.
Per fortuna “comunicare un brand” non sarà mai sinonimo esclusivamente di “gestire bene un profilo Instagram”.
E non significa neanche solo saper fare un buon storytelling, oggi che il racconto viene frantumato in migliaia di pezzi diventando sostanzialmente quasi inefficace.
L’immagine costruita per trasmettere un valore, un’identità, un’emozione legata a un’esperienza sarà sempre il punto di partenza di chi sceglierà di essere brand e non solo un logo su un bigliettino da visita.
È il motivo per cui mi piace molto collaborare con gruppi di lavoro come Epops, dove nulla è lasciato al caso e dove il contributo professionale e specifico di ognuno diventa componente collettivo fondamentale per il pieno raggiungimento degli obiettivi.
I risultati ottenuti per il catalogo Vasar del 2019, non sarebbero stati possibili se non ci fosse stato un grande lavoro di squadra e una paziente ricerca della massima proposta creativa ed estetica.
Quando si ha tra le mani il catalogo, un libro da quasi 250 pagine, non si ha la sensazione di un freddo elenco di referenze in vendita corredate da foto di esempio, ma le pagine si lasciano sfogliare, hanno ritmo, racconto, contenuto, anche grazie ad un eccellente lavoro grafico che ha esaltato le fotografie più belle.
Un risultato che è da ritenere ancora più importante considerando la tipologia di prodotto: legati alla necessità principale di esaltare in ogni fotografia il valore di un vaso, un oggetto statico e “riempitivo” all’interno di un contesto d’arredo, siamo comunque riusciti a immergere il prodotto in un racconto visivo più ampio, mostrando la Puglia, i colori della pietra e della natura, l’architettura dei luoghi che ci hanno ospitato.
E il paesaggio pugliese è stato protagonista di un’altra bella collaborazione, quella per la realizzazione di alcuni scatti alla famiglia Mucci, protagonista da generazioni del mercato dolciario.
Un vastissimo mandorleto in fiore, il più bello e scenografico che abbia mai visto, è stata la location perfetta per trasformare in immagini il forte legame che unisce papà Mario e Cristian alla terra in cui sono nati e hanno deciso di investire, da cui ricavano parte delle preziose materie prime dei loro eccellenti prodotti, ma anche il rispetto e la stima per tutte le figure professionali della filiera.
In questo caso la buona ispirazione è nata dal sempre valido obiettivo di tenere l’essere umano al centro, senza il quale non può esserci un’emozione credibile da trasmettere.
Qualunque cosa accada nel mondo delle interazioni umane nel prossimo futuro, della comunicazione e del marketing in particolare, la fotografia e il video continueranno ad avere un ruolo fondamentale.
Il valore di un brand, che si porta dentro etica, identità e bellezza di un progetto d’impresa, non può prescindere da un immaginario visivo chiaro e ben definito.
Sarà sempre più un lavoro di sottrazione eseguito su una realtà che già domani sarà più complessa di oggi, ma è il compito che la Storia ha affidato alla fotografia fin dal primo giorno.
E per noi che abbiamo scelto di essere responsabili di questo processo, sarà una sfida sempre maggiore.
Autore: Dino Maglie